Incartapecorito nella laida decrepitezza, sorride malinconicamente rattrappito nei suoi stenti, un po' stordito s'appisola infagottato nei suoi paramenti e si risveglia poi allocchito, di soprassalto, nei suoi smarrimenti. Poi tenendo il dorso della mano puntellata fra mandibola e mento come un pensatore, cerca di surclassare l'incanto di un involontario spettatore.
L'amarezza si impasta in bocca come una lingua in umido frammista al bolo, la menzogna soverchia ancora l'abbrivio e il torpore mi rende l'oggetto estraneo di una macchina aliena che svapora altrove.
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