Incartapecorito nella laida decrepitezza, sorride malinconicamente rattrappito nei suoi stenti, un po' stordito s'appisola infagottato nei suoi paramenti e si risveglia poi allocchito, di soprassalto, nei suoi smarrimenti. Poi tenendo il dorso della mano puntellata fra mandibola e mento come un pensatore, cerca di surclassare l'incanto di un involontario spettatore.
Dilaniandosi, l'uragano s'incarognisce in una rabbiosa consuzione alla quale si avvicenda un'esterrefatta quiete da astinenza cinetica. Una caligine d'erebo sfrigola sullo specchio liquefatto che insegue i densi veli cocenti ed abbaglianti di Fata Morgana prima che sia fatua apparizione di calore.
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